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"Fiorenzo Magni ebbe dalla sua la ventura di non somigliare né a Coppi né a Bartali, e quindi di essere, per dir così, pari a loro per prestigio e popolarità, ma con una personalità, anche agonistica, che per qualche verso addirittura sopravanzava i suoi due primari rivali. Egli riuscì dove nessun altro dei grandi campioni di quella storica stagione ciclistica potè: essere credibilmente accostato al leggendario "leone delle Fiandre". C'era più di un motivo, a ben vedere, per dedicargli un'attestazione di pubblica stima non solo ricca, com'è nel suo diritto, ma persino sontuosa, per quel di più di ancora viva meraviglia, e altrettanto rispetto, che la sua vita intera - di persona, di campione, di sposo, di padre e poi di manager - gli ha attirato". (Sergio Zavoli)